La coppia è diventata evanescente: alcuni numeri che lo dimostrano

I giovani innamorati degli anni precedenti ai nostri (anni ’50, ’60, ’70) nulla potevano sospettare di quanto sarebbe accaduto negli anni successivi. Dice Paul Valery, “il futuro non è più quello di una volta“. Ed è andata proprio così: il futuro che hanno in mente le coppie odierne è sideralmente lontano da quello che immaginavano i teneri fidanzatini dei decenni precedenti.Negli ultimi decenni è avvenuta, in brevissimo tempo, una rivoluzione silenziosa che ha cambiato la vita di molti di noi: la coppia con i suoi vecchi e nuovi meccanismi di fondazione e mantenimento ha subito un attacco frontale di proporzioni inedite ed attualmente tali meccanismi si sono fortemente indeboliti, talora, possiamo dire, distrutti, tal che, come mostrano alcuni dati statistici (ma è anche diffusa percezione di molti addetti ai lavori e non), è possibile affermare che le coppie contemporanee incontrino soverchie difficoltà a formarsi e/o durare.

Nell’ampia fascia di età (13-60) nella quale si è maggiormente esplorativi riguardo le progettualità di coppia, in tutte le sue varianti – dalla coppia adolescenziale alla coppia dell’età giovanile orientata alla formazione di una famiglia, fino alla coppia coniugale nella famiglia – si riscontra una nuova evanescenza e la significativa variazione di priorità interiori rispetto ad epoche recenti.
Questo conduce a nuove forme di sofferenza, nonché ad altre criticità, inerenti proprio alle fatiche e alle ferite relative alla costruzione/manutenzione della coppia stessa, divenuta negli ultimi decenni oltremodo difficoltosa, oltre naturalmente a sofferenze nella vita familiare, laddove la coppia è dentro famiglie già formate o in unioni di lungo corso.

Ma l’effetto più vistoso che l’evanescenza della coppia produce riguarda, attraverso l’esito di una conseguente minore natalità, il prevedibile spopolamento della nostra società in tempi rapidi. Evenienza questa che obbliga ogni studioso sociale a riflessioni più approfondite. Cosa accade, infatti, in una civiltà nella quale generatività e ricambio generazionale hanno oltrepassato una soglia critica (in basso)? Cosa vuol dire questo dato? Quali conseguenze psichiche e sociali si realizzano in una società nella quale le coppie non riescono più a stare assieme, non riescono o non vogliono costruire famiglie e fare figli?

Tra gli studiosi sociali che si occupano di queste domande troviamo anche gli psicologi e psicoterapeuti attuali i quali trattano infatti, tra gli innumerevoli problemi dei propri utenti, un’alta percentuale di problematiche legate alla vita affettiva e sentimentale, e utilizzano molto del loro tempo, delle loro energie e dei loro pensieri occupandosi di questioni dei loro utenti inerenti questa vastissima gamma di situazioni che sono gravitanti, volendo essere sintetici, intorno ai tentativi di formazione della coppia da un lato e/o al complicato mantenimento della stessa, dall’altro.

Gli psicologi ritrovano spessissimo ad operare con ventenni-quarantenni in continuo scacco con il progetto-coppia, reduci da numerosi tentativi falliti, che hanno rinunciato ad affrontare o hanno rimandato sine die l’appuntamento con il loro desiderio di famiglia e di figli, salvo poi scoprirlo come irraggiungibile. O con ventenni terrorizzati dalla semplice prospettiva di un incontro che potrebbe cambiare loro la vita. Oppure con gli stessi ventenni-quarantenni incastrati mani e piedi dentro le loro famiglie di origine impossibilitati ad immaginare una loro autonomia, seppure soltanto abitativa. Oppure ancora con coloro che, essendo riusciti a costruire una parvenza di stabilità di coppia e poi anche una famiglia con figli, si accorgono ben presto, e con una certa delusione, dell’eccessiva instabilità di ciò che hanno raggiunto e costruito.

Ci si accorge – e personalmente mi sono ritrovato non senza stupore a rilevare – che nessuno dei nostri utenti (ma anche dei nostri conoscenti) vive la dimensione della coppia come priva di problematiche importanti o perché vissuta come irraggiungibile o non componibile, oppure, laddove esistente, tale dimensione è gravemente minacciata, sotto scacco, destrutturata, evanescente. Avanza la sensazione che la dimensione di coppia sia divenuta oramai svantaggiosa.

Queste situazioni però, contrariamente a quanto si potrebbe pensare in prima battuta, non riguardano sono quella fetta di popolazione che corrisponde all’utenza dello psicologo (anzi, coloro che riescono a riconoscere tali difficoltà e si fanno aiutare si danno una chance in più), ma come vedremo più avanti la maggioranza dei giovani contemporanei.

Proverò qui ad esplorare, nei limiti delle mie possibilità e delle mie chiavi di lettura, sicuramente parziali, quali meccanismi, e su quali piani poliedrici, si sono determinati i cambiamenti di asse, di centro di gravità, di significazione, di codici di rappresentazione soggettivi e sociali che sono alla radice delle nuove difficoltà delle coppie contemporanee e del loro nuovo statuto (una seconda parte riguardante sempre la coppia, ma dal punto di vista terapeutico, la trovate nel capitolo successivo). Tale esplorazione vuole essere propedeutica per il lavoro dello psicologo non solo con le coppie, ma con tutti gli individui che portano criticità in questo vasto ambito, e prelude ad alcune indicazioni che sono contenute alla fine del lavoro stesso.

Dal punto di vista dell’approccio teorico al problema in oggetto, in quanto fenomeno di massa, e certamente non solo psicologico, l’assunzione di punti di vista provenienti da altri ambiti del sapere, diventa essenziale per aumentarne la comprensione.
Occorre dunque innanzitutto studiarlo utilizzando in primis gli strumenti della statistica ed epidemiologia, ma anche di altre scienze storico-sociali (storia, sociologia della famiglia, antropologia, economia politica), discipline queste che, per ragioni rigorosamente legate alla programmazione socio-politica, sono obbligate a comprendere il movimento della società (nella fattispecie italiana, ma anche occidentale). E solo successivamente occorre integrare gli strumenti dei modelli psicologici.
Solo dentro questo movimento più ampio è possibile leggere adeguatamente le trasformazioni di comportamenti, abitudini, rappresentazioni e pensieri intorno alla vita delle singole coppie.

I Numeri (Crudeli) delle Coppie Italiane

Il testo dello statistico Roberto Volpi, il cui amaro titolo, “La fine della famiglia”  (Mondadori, 2007), prelude all’auspicio contrario (in particolare nel capitolo III, “La coppia che non c’è”) dove vengono illustrati alcuni dati interessanti, e alcune tabelle dell’ultima rilevazione ISTAT che verte sullo stesso argomento.
Vediamoli insieme.
Tabella 1 – Percentuale popolazione che vive in coppia (dati 2001)

Età %
Fino a 24 5,1
25-34 45,0
35-44 75,0
45-54 80,8
55-64 78,6
65-74 66,9
75-84 46,0
85 e più 20,7
Tabella 2 – Giovani di 25-29 anni che vivono in famiglia
Giovani 1991 2001 2003
Maschi 52,5 65,5 69,7
Femmine 32,3 46,7 49,9

Tabella 3 – Percorsi affettivi. Dati Istat 2010

 

Tabella 4 – Popolazione celibe/nubile (> 24 anni)

1991 2001 Differenza
5.673.719 8.170.888 +2.497.169       +44%
Riassumendo, non ci sono molti dubbi circa la lettura di queste cifre:
l  sotto i 35 anni sono la maggioranza (il 55%) coloro che non vivono in coppia (Tabella 1);
l  fino ai 29 anni è sempre crescente il numero di coloro che vivono in casa (circa il 60% in media tra maschi e femmine) (Tabella 2);
l  I percorsi affettivi tendono a rimanere sempre più statici e conservativi (Tabella 3)
l  la popolazione celibe/nubile è in netta espansione (Tabella 4).

Inoltre, occorre aggiungere un altro dato: le famiglie che hanno un capofamiglia minore di 35 anni sono circa l’11%, praticamente una netta minoranza. La famiglia giovane è già oggi un’assoluta rarità.
Considerando che si tratta di dati già di alcuni anni fa (2001-2003), e quindi non recentissimi, c’è da supporre che queste tendenze siano ancora in accentuazione.Seguendo questo sviluppo e proiettando questi dati “crudi” nel futuro, tra non molti anni la coppia stabile diventerà una piccola minoranza nel nostro paese.
I più ottimisti intravedono in queste trasformazioni sociali i segni di cambiamenti in itinere che condurranno a mutazioni antropologiche e alla re-invenzione delle cellule sociali un tempo chiamate coppie e famiglie: ad esempio, nuove forme di socialità e di famiglie, talora simili a quelle del passato, come le famiglie allargate. Ma nessun segnale fa presagire al momento che questo sviluppo della società possa avvenire e tale ottimismo somiglia più ad una pia speranza. Tutto piuttosto fa pensare che l’eclissi della coppia proseguirà ancora e che le nuove forme di coppie e famiglie corrispondano più a soluzioni di ripiego che ad attendibili alternative embrionali.

Volpi aggiunge, tra i numerosi spunti di analisi e riflessione del suo prezioso testo, altri dati abbastanza clamorosi che letti nell’insieme ci indicano una direzione inequivocabile della realtà sociale relativa a coppie e famiglie, (parliamo della realtà italiana, ma si potrebbe estendere ad ogni paese occidentale).
In un tempo considerato brevissimo in termini di mutamenti sociali e culturali, dalla metà degli anni ’70 ad oggi, nel giro cioè di una generazione;
l  sono diminuiti i matrimoni di un terzo
l  sono diminuite le nascite di oltre un terzo
l  si è dimezzato il numero medio di figli per donna (da 2,4 a 1,2)

Nella successiva tabella, visualizziamo la progressiva e inesorabile tendenza degli ultimi 14 anni, anche se in realtà la discesa parte, come detto, dagli anni ’70.


Tabella 5 – Matrimoni, Divorzi, Separazioni. Periodo 1995-2008 (Dati Istat 2010)

Non stiamo dunque parlando di normali fluttuazioni statistiche dovute alla mutevolezza delle condizioni socio-economiche, ma parliamo di una tendenza della società che è più profonda, a matrice culturale, che non mostra andamenti alternativi a questo, anzi, che pare accentuarsi sempre più.
“Non ci si mette in coppia, non ci si sposa, non si fa famiglia quando ci sono le età giuste: logico che neppure si facciano figli, perché non si può certo contare sulla fecondità di quanti invece si mettono assieme con o senza matrimonio in tarda età […]”. I figli, aggiunge Volpi, sono diventati “sconvenienti” rispetto al progetto di coppia, quasi inessenziali. “Perso l’ancoraggio con i figli, la famiglia si sbilancia sempre più verso la prevalenza di esigenze e spinte individuali piuttosto che verso una superiore logica familiare che riesca a conciliarle senza per questo annullarle”.

Ma cosa c’entra, si obietterà, il discorso su figli e famiglia con il discorso coppia che appare evidentemente come preliminare, propedeutico, iniziale rispetto a quegli altri? Non si rischia di cortocircuitare e poi saturare di significati impropri il tema della formazione e mantenimento della coppia con prospettive che appaiono incongrue e/o lontane?
E poi, soprattutto, cosa può essere accaduto nel mondo in soli pochi decenni, tale da giustificare una rivoluzione dei costumi di questa portata? Leggi i prossimi capitoli.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *